Un leopardo vissuto in Italia....

Il Fiume Po restituisce la tibia di un felino, un leopardo probabilmente vissuto nel Quaternario.
Il fossile, in perfetto statIl grande Fiume restituisce la tibia di un felino, un leopardo probabilmente vissuto nel Quaternario. Il fossile, in perfetto stato di conservazione, è stato ritrovato su di una spiaggia del Po tra Spinadesco e Cremona, da Renato Bandera profodo conoscitore del fiume, vogatore e anche raccoglitore di fossili di lunga data ed esperienza.
Il reperto è stato consegnato al Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po, con la convinzione che potesse trattarsi di un osso di conservazione, è stato ritrovato su di una spiaggia del Po tra Spinadesco e Cremona, da Renato Bandera profodo conoscitore del fiume, vogatore e anche raccoglitore di fossili di lunga data ed esperienza.
Il reperto è stato consegnato al Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po, con la convinzione che potesse trattarsi di un osso umano, al quale effettivamente assomiglia, ma dalle prime analisi è risultato essere la tibia di un felino.
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«Da un'analisi morfologica comparativa eseguita in museo e da un confronto con il professor Martin Sabol, esperto di felini dell’Università di Bratislava,\n che studierà con noi – spiegano Davide Persico e Simone Ravara del \nMuseo di San Daniele Po - il fossile, si è ipotizzato che l’osso di \nparticolari dimensioni (circa 230 mm) sia troppo piccolo per un leone delle caverne e piuttosto grande per un leopardo. L’osso quindi potrebbe appartenere ad una femmina di leone delle caverne, o molto più probabilmente ad un grosso maschio di leopardo appunto»

I risultati dello studio del reperto saranno presentati in un poster all’International Cave Bear Symposium 2015” presso Leiden, in Olanda il prossimo settembre. La domanda che sorge spontanea è come mai si possano trovare ossa di felini proprio nel cuore della pianura padana. «Il ritrovamento effettuato da Bandera, si colloca in uno scenario paleofaunistico nel quale i carnivori, specialmente i felini, risultano poco rappresentati. Questo dato è imputabile al basso numero di esemplari di predatori rispetto all’elevato numero di prede (erbivori), e alla scarsità di ossa di ridotte dimensioni che possono fossilizzare, quindi conservarsi nel tempo. Inoltre c’è da considerare anche la difficoltà nel riconoscere queste ossa post craniali che spesso vengono confuse con altre specie, quindi snobbate e non raccolte» spiegano dal Museo.

Renato Bandera ha raccolto il reperto,lo ha consegnato al Museo di San Daniele Po dove è stato effettuato un confronto comparativo con lo scheletro di un gatto domestico, con immagini di tibie fossili di puma gentilmente offerte da un collezionista americano, e dal consulto con alcuni studiosi italiani, si è ristretto il campo alle due specie feline presenti nel tardo Quaternario padano, il leone speleo e il leopardo appunto. Una biometria sommaria tra lo scheletro di un leopardo attuale e la tibia fossile ha permesso di dare credito all’ipotesi leopardo, poi confermata dal professor Sabol.









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