L'educazione del gatto Bengala
Un gatto non è un cane. e un Bengala non è un comune gatto....Non è un animale da branco, non è predisposto per sua natura a fare il gregario per un capo....
Questo non perché sia troppo orgoglioso o autonomo, ma soltanto perchè si è evoluto ed è un perfetto cacciatore solitario , abituato da milioni di anni a badare a se stesso al di fuori di un rapporto "a due" e a non poter contare su nessuno all'infuori di sè.
E' intorno ai quattro mesi che il cucciolo di gatto Bengala inizia ad essere più predisposto a capire cosa può fare e cosa no.
A partire da questa età possiamo quindi insegnargli a non fare tutte quelle cose che in genere lui fa, e che nessun convivente umano vuole che faccia: graffiare mobili, poltrone e divani, salire sulla tavola, appendersi alle tende, entrare nelle dispense, entrare negli armadi...
Ma in compenso quando arriva nella nuova famiglia sa già fare i suoi bisogni nella lettiera , cosa che i cani a volte si dimenticano...
Per educarlo, dobbiamo usare a nostro vantaggio alcune sue caratteristiche: il gatto bengala è un inguaribile edonista, e questo vuol dire che ama il piacere e detesta il dispiacere.
Il Bengala non sopporta i rumori forti ed improvvisi; pertanto possiamo sfruttare questo fattore per educarlo al "non fare"
Se il nostro Bengal fa qualcosa che noi non vogliamo che faccia, possiamo battere forti le mani oppure far cadere a terra qualcosa che faccia rumore.
In questo caso il nostro cucciolo Bengala assocerà questa "sgradevole esperienza" al suo comportamento e nella sua mente si dirà, per esempio "Se salgo sul tavolo, scoppia un forte rumore : meglio che non lo faccio".
Naturalmente, ci vorrà molta pazienza e dovremo ripetere queste "lezioni di disciplina" più volte, finché non avremo ottenuto quello che vogliamo, cioè che a lui non venga più in mente di fare determinate cose.
I nostri possibili errori
Con il nostro Bengal vanno però evitati da parte nostra alcuni errori molto comuni.
Innanzitutto la punizione va impartita subito, nel giro di pochi secondi. Se passa più tempo non sarà più in grado di associare il suo comportamento alla nostra punizione.
Che ha fatto cadere un vaso di fiori dieci minuti prima, il nostro micio lo ha già scordato. Quindi, è anche inutile che lo sgridiamo se, tornando, a casa scopriamo che ha fatto qualcosa che non ci piace; non assocerà le nostre urla a niente e penserà che siamo delle creature isteriche, perdendo ogni fiducia nei nostri confronti. Ricordiamoci che il bengala è un gatto estremamente intelligente.
Se per punizione vogliamo dargli un colpettino lieve sulla testa, ci può stare ma non bisogna assolutamente colpirlo fisicamente. Non otterremo nulla, lui avrà paura di noi e, alla fine, ci eviterà.
3. Infine, il nostro gesto o rumore intimidatorio deve essere deciso e breve. Non è necessario imprecare o fargli lunghi discorsi per sfogarci o per spiegargli che sulle tende non ci si arrampica: tanto non capirà quello che gli stiamo dicendo e il nostro dilungarci stempererà l'effetto di un breve e netto "no" o di un secco rumore improvviso.
Bisogna tener presente che, poichè il gatto per sua natura ama affilarsi gli artigli, saltare dovunque, raggiungere posizioni alte ed arrampicarsi; questo lo fa qualsiasi gatto, anche il Bengal, dovremo quindi offrirgli delle alternative che gli consentano di vivere la sua natura e fisicità felina. In questo modo eviteremo di accusarlo di essere troppo vivace; se lui avrà la sua palestra privata, lascerà perdere il vostro divano...
Se abbiamo deciso di avere il privilegio di convivere con questa splendida "creatura della giungla" in miniatura, è nostro dovere permettergli di vivere pienamente se stesso.
Fu negli anni trenta che lo psicologo Skinner usò la definizione di "rafforzamento positivo" per tutte le ricompense che, in un processo educativo, portano un animale ad eseguire quello che noi vogliamo da lui. Se per esempio il nostro gattino userà il palo che gli abbiamo comprato per affilarsi le unghie, rinunciando alla poltrona, premiamolo con qualche buon bocconcino. Se salterà sulle mensole che abbiamo affisso proprio per lui, premiamolo ancora.
Un Bengala non lo si può "costringere", ma lo si può "convincere".
Quindi, cerchiamo di fare crescere in lui il convincimento che usare gli oggetti che abbiamo scelti per lui è preferibile. Soprattutto, non illudiamoci che il nostro micio lo fa per farci contenti: lui lo fa soltanto per far contento se stesso, e tale contentezza gli è provocata anche dal premio gustoso che si guadagna
Ai gatti piace avere un loro nome e gli piace che lo si pronunci. Quando stanno sulle nostre gambe e li accarezziamo, se iniziamo a ripetere il loro nome, il volume delle fusa aumenta...
Perciò, la prima cosa da insegnargli è proprio questa: rispondere quando lo si chiama con il suo nome. E' preferibile, perciò, scegliere da subito un nome, possibilmente non troppo lungo, e non confonderlo rivolgendoci a lui con decine di vezzeggiativi, nomignoli e diminutivi.
Il suo nome bisogna usarlo spesso, fin da quando è piccolo, e chiamarlo anche quando non è strettamente necessario. Anche a riconoscere il proprio nome e a venire da noi quando lo chiamiamo, infatti, un micino va "educato".
Per un gatto le nostre case sono il suo territorio, quindi pensa di poter andare ovunque. Se volete educare il vostro cucciolo a non entrare in una stanza, c'è un modo molto semplice: chiudere la porta. Se lui ha imparato ad aprirla, chiudetela a chiave.
Il gatto Bengala in genere nell'età adulta è molto tranquillo, piuttosto sedentario.Quindi abbiate pazienza nei suoi primi mesi di vita, non sarà sempre così...
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