Il sequenziamento del genoma felino

Lo sa fin troppo bene chi tiene gatti in casa: coi nostri amici a  quattro zampe condividiamo già parecchie cose, alcune proprio  letteralmente, come sedie, poltrone, perfino il letto o il nostro posto  preferito sul sofà (quando non ce lo scippano del tutto con sorniona  prepotenza, sicuri di farla franca e di non essere più smossi da lì  perché sfoderano la loro invincibile arma: quello sguardo languido  incorniciato nel loro tenero musetto).

Oltre  all’habitat domestico, gli scienziati hanno scoperto che con i nostri  morbidi dispensatori di fusa abbiamo in comune anche numerosi geni  responsabili della predisposizione a malattie quali diabete di tipo 2,  asma, infezioni del tratto urinario e alcune patologie oculari.

Per  indagare ulteriormente il patrimonio genetico felino e i suoi legami  con quello umano, all’Università del Missouri hanno lanciato il progetto  99 lives, con lo scopo di sequenziare l’intero genoma di novantanove  gatti domestici: i ricercatori sperano di riuscire a mappare oltre  ventimila geni in diverse razze, che potranno fornire preziosi indizi  per poter sviluppare nuove cure contro le malattie che affliggono  entrambe le specie, quella felina e la nostra.

Oltre  che ad aiutare etologi e zoologi a individuare i geni artefici di  peculiari caratteristiche quali il colore degli occhi e del pelo. Al  progetto può partecipare chiunque abbia un gatto: basta inviare un  campione di sangue o di tessuto prelevato dal proprio micio durante un  controllo veterinario di routine. Nonostante l’università del Missouri  chieda settemilacinquecento dollari ad ogni proprietario per  autofinanziare il progetto, sono stati già raccolti campioni di Dna da  quaranta gatti. E il team guidato da Leslie Lyons, genetista presso  l’ateneo americano, sta lavorando alacremente al loro sequenziamento.
“Nel 2004 abbiamo individuato un gene, che abbiamo in comune coi gatti, la cui mutazione provoca la malattia policistica renale,   tra le principali cause dell’insufficienza renale sia nel gatto sia   nell’uomo” dice la scienziata nonché proprietaria di due micine,  Withers  e Figaro, il che rassicura sul fatto che i test sono puramente  genetici  e agli animali non viene torto un pelo.
“Grazie a questa scoperta, saremo presto in grado di creare nuovi farmaci mirati per combattere la malattia policistica renale nelle persone e nel nostro animale domestico preferito”.
Pare infatti che Micio abbia spodestato Fido come miglior amico dell’uomo: sette milioni e mezzo contro sette nelle famiglie italiane.
  “Intanto abbiamo messo a punto un test che è in grado di predire se un   gatto è geneticamente predisposto a sviluppare in età adulta questa   patologia”. Indipendentemente dalla razza, infatti, alcuni esemplari   raggiungono la vecchiaia senza particolari problemi ai reni, mentre   altri cominciano a soffrire di insufficienza renale verso i dieci-dodici anni,   con esito purtroppo fatale in poco tempo. Questa peculiarità è emersa   da quando abbiamo allungato la vita media del micio (grazie a   un’alimentazione sempre più salutare, a visite veterinarie periodiche e   ad adeguate somministrazioni farmacologiche): si e visto che in molti   soggetti i reni non sono “geneticamente programmati” per vivere così a   lungo.
“Dallo studio del Dna felino potremmo apprendere moltissimo non solo per migliorare la loro salute, ma anche la nostra”   sostiene Stephen O'Brien, genetista al Theodosius Dobzhansky Centre di   San Pietroburgo (Russia). “Solo che ci stiamo arrivando con un  decennio  di ritardo: il primo genoma canino è stato sequenziato nel  2005 con  evidenti vantaggi in campo oncologico, mentre il gatto è stato  finora  snobbato. È il momento della riscossa”.
Nel 2007, ma  lo si è  appreso solo l’anno scorso su Nature, è stato tentato il  sequenziamento  del Dna di Cinnamon, una gatta abissina, tuttavia gli  scienziati sono  riusciti a catalogare solo il sessanta percento del suo patrimonio genetico.
Ora   sperano, con un progetto più ampio, di completare l’opera e di capire   perché noi e i nostri amici a quattro zampe siamo geneticamente   suscettibili alle stesse patologie.




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